A distanza di quasi due anni dalla data originariamente prevista (15 agosto 2020), il 15 luglio 2022 è entrato definitivamente in vigore il Nuovo Codice della Crisi e dell’insolvenza di cui al D.Lgs. n. 14/2019, così come modificato dal D.L.n.83/2022.
Lo slittamento si è reso necessario in considerazione dell’emergenza pandemica nonché delle significative modifiche contenute nello schema di decreto legislativo di attuazione della Direttiva Insolvency UE/2019/1023 (riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, oltre alle misure volte ad aumentare l’efficacia delle relative procedure), che l’Italia si è impegnata a recepire entro il 17 luglio 2022.
Il nuovo Codice si sostituisce sia alla “legge fallimentare” ex RD n.267/142 sia alla disciplina relativa alla “composizione della crisi da sovraindebitamento” ex L. n. 3/2012. Le principali novità introdotte riguardano:
L’imprenditore in difficoltà deve attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale. Per diagnosticare i segnali di crisi le imprese individuali e collettive devono dotarsi di un apparato di controllo organizzativo e amministrativo-contabile per tenere sotto controllo i flussi di cassa e, nel medio-lungo periodo, il business plan (art.3 CCII).
Si tratta di un istituto articolato in quattro fasi (pre-apertura, apertura / archiviazione, trattative e chiusura), già entrato in vigore lo scorso mese di novembre, e che può essere attivato su richiesta dell’imprenditore commerciale o agricolo, iscritto in Camera di Commercio, che si trovi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico tali da rendere probabile l’insolvenza, purché vi siano prospettive di risanamento; non sono previsti limiti dimensionali alla sua utilizzabilità (piccole e grandi imprese).
Sebbene secondo la formulazione dell’art.12 CCII il ricorso a tale procedura sarebbe facoltativo, in realtà, la previsione di profili di responsabilità in capo agli amministratori che ne abbiano omesso la richiesta lo rende quasi obbligatorio.
Il CCII prevede che l’imprenditore in stato di crisi o di insolvenza può proporre un concordato che realizzi il soddisfacimento dei creditori in misura pari a quella realizzabile in caso di liquidazione giudiziale attraverso la continuità aziendale, la liquidazione del patrimonio, l’attribuzione delle attività ad un assuntore o in qualsiasi altra forma.
Il ricavato derivante dalla continuità aziendale diretta o indiretta soddisferà i creditori in misura anche non prevalente (i creditori potranno trovare soddisfazione non solo in moneta ma anche mediante l’attribuzione di benefici come la prosecuzione dei rapporti commerciali).
Le procure di composizione della crisi da sovraindebitamento vengono ridisegnate; in particolare:
Mentre le prime due procedure sono strumenti alternativi del solo debitore, la liquidazione controllata è invece uno strumento residuale per la risoluzione della crisi da sovraindebitamento ed è ora aperto anche all’iniziativa di terzi: infatti, i creditori, ne possono chiedere l’apertura purché l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria non sia inferiore ad euro cinquantamila.
Ovviamente, per quanto riguarda l’ambito temporale di applicazione vi sarà necessariamente una sovrapposizione con le precedenti normative che porterà, nei prossimi anni, a seguire un sistema “a doppio binario” che può essere così schematizzato:
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