16/12/2021

Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio: un nuovo strumento a favore dell’imprenditore in crisi

Termina l’approfondimento sul DL n. 118, pubblicato il 24 agosto 2021 nella Gazzetta Ufficiale, recante Misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia che introduce significative novità atte a favorire il risanamento delle imprese in crisi o il mantenimento dei rami aziendali ancora potenzialmente operativi.

Il Decreto prevede, in particolare, l’introduzione del nuovo istituto della composizione negoziata della crisi, una procedura che viene intrapresa su iniziativa dell’imprenditore persona fisica o giuridica che versi in condizioni di pre-crisi, ovvero in uno stato di probabile crisi o insolvenza e quindi di inadeguatezza tra i flussi di cassa liberamente utilizzabili e le obbligazioni pianificate.

L’imprenditore, per accedere a tale procedura, deve presentare un’istanza di nomina di un professionista specializzato (esperto), purché sussistano concrete possibilità di risanare l’impresa.

Il professionista nominato ha il compito di agevolare le trattative con i creditori per consentire il superamento della crisi e quindi il risanamento dell’impresa; all’esito della procedura il professionista redige una relazione relativa all’esito delle trattative.

Nel caso queste abbiano esito negativo, ancorché vi fossero margini per la composizione della crisi, l’imprenditore può accedere ad un ulteriore nuovo istituto (in vigore dal 15.11.2021) che merita attenzione, ovvero il concordato liquidatorio semplificato (art.18 D.L. 118/2021), già stato ribattezzato “mini concordato”.

Si tratta di un istituto alternativo rispetto al fallimento e che ha la finalità di rispondere alle difficoltà degli imprenditori colpiti dalla crisi ed evitare la dispersione degli asset aziendali.

Presupposto per l’avvio di questa procedura è che non siano andate a buon fine le trattative relative alla conclusione di contratti privati con i creditori idonei ad assicurare la continuità aziendale, alla convenzione in moratoria, alla conclusione di un accordo con tutti i creditori nonché alla predisposizione di accordi di ristrutturazione dei debiti (tutti strumenti regolatori minori previsti dall’art.11 D.L.118/2021).

Questi requisiti (esito negativo delle trattative e non praticabilità degli strumenti regolatori minori) devono risultare nella relazione dell’esperto, che deve essere comunicata all’imprenditore.

Quest’ultimo, decorsi sessanta giorni dalla comunicazione, può presentare, mediante ricorso da depositare innanzi Tribunale del luogo in cui l’impresa ha la sede principale, una proposta di concordato a cui deve allegare un piano di liquidazione non attestato, la relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa, lo stato analitico ed estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori, con indicazione dei rispettivi crediti e relative cause di prelazione, l’elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore e, infine, il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili.

Il ricorso viene comunicato al Pubblico Ministero.

La cancelleria deve pubblicare il ricorso nel registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito. Questa fase è particolarmente importante in quanto, a decorrere dalla pubblicazione, il ricorso produce esattamente gli stessi effetti della domanda di concordato ordinario, in particolare l’automatic stay, ovvero la sospensione delle azioni esecutive e cautelari, con evidente effetto protettivo per l’imprenditore stesso che si trova così al riparo da possibili turbamenti derivanti dalle azioni che i creditori potrebbero compiere durante il tempo occorrente per la formulazione della proposta e del piano concordatario.

Il Tribunale, dopo aver vagliato la ritualità della proposta (e quindi senza valutarne il merito) e aver acquisito la relazione ed il parere finale dell’esperto con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione e alle garanzie offerte, nomina con decreto un ausiliario.

Con il medesimo provvedimento ordina che il debitore comunichi la proposta, il parere dell’ausiliario e la relazione finale dell’esperto ai creditori, possibilmente a mezzo PEC, specificando dove possono essere reperiti i dati per la sua valutazione, e fissa la data dell’udienza di omologazione.

Tra il giorno della comunicazione del provvedimento e quello dell’udienza devono decorrere non meno di trenta giorni. I creditori e qualsiasi interessato possono proporre opposizione all’omologazione costituendosi nel termine perentorio di dieci giorni prima dell’udienza fissata.

Il Tribunale, assunti i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d’ufficio, omologa direttamente il concordato se sussistono i requisiti previsti ovvero: regolarità delle comunicazioni ai creditori circa la proposta concordataria; rispetto dell’ordine delle cause di prelazione e fattibilità del piano; mancato pregiudizio in capo ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione fallimentare; conseguimento di utilità in capo a ciascun creditore.

Il decreto di omologa è immediatamente esecutivo e contiene la nomina del liquidatore che dovrà poi occuparsi della concreta attuazione del piano e quindi della liquidazione dei beni (anche mediante il trasferimento dell’azienda).

Il provvedimento è comunicato dalla cancelleria alle parti che, nei successivi trenta giorni, possono proporre reclamo alla Corte di Appello; il decreto della Corte d’Appello è ricorribile per Cassazione entro trenta giorni dalla comunicazione.

Il concordato liquidatorio semplificato rappresenta sicuramente un istituto fortemente innovativo e vantaggioso per l’imprenditore in quanto gli consente di pervenire in tempi rapidi ad una liquidazione anche in caso di insuccesso della procedura di composizione negoziata della crisi.

Il procedimento, inoltre, è estremamente semplificato in quanto non soggiace né ad un giudizio di ammissibilità preventiva né al preventivo consenso del ceto creditorio; questo non è assistito da nessuna garanzia minima di pagamento e non può esprimere il proprio dissenso tramite votazione, ma può soltanto opporsi all’omologazione della proposta di concordato.

Mancano infatti previsioni relative sia al “filtro” dell’ammissione, sia all’attestazione del piano da parte del professionista, sia ad una percentuale minima di soddisfacimento dei creditori, in particolare a quella del 20% dei chirografari che viene ora sostituita dalla condizione che la proposta non rechi pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione fallimentare e che ad ogni creditore venga comunque assicurata un’utilità.

Ne deriva che i creditori dovranno prestare particolare attenzione a rifiutare le proposte dall’imprenditore nella fase delle trattative durante la composizione negoziata tramite l’esperto nominato, in quanto rischierebbero di subire la procedura concordataria senza aver la possibilità di esprimersi nel merito (al di là dell’opposizione ordinaria).

Concludendo, il ricorso a questa nuova procedura si presenta estremamente conveniente per l’imprenditore in difficoltà che potrà attivarla ogni qual volta non sia stato possibile raggiungere un accordo coi creditori laddove vi fossero tuttavia prospettive di risanamento.

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Dott.ssa Katia Panzeri