Grazie alla nuova legge sul sovraindebitamento, e possibile liberarsi dai debiti anche se hanno raggiunto un ammontare schiacciante. La L. n. 176/2020, entrata in vigore il25.12.2020, ha infatti riformato le disposizioni della "vecchia" legge salva-suicidi (la L. n.3/2012), dando ancora più opportunità giuridiche ai debitori meritevoli di arrivare alla totale esdebitazione.
Tra le modifiche più significative introdotte ci sono quelle riguardanti:
- il c.d. cram down nell'accordo di ristrutturazione del debito;
- la possibilità per il debitore incapiente di ottenere l'esdebitazione.
Esaminiamole di seguito.
1) I rapporti con l'Amministrazione finanziaria: introduzione del c.d. cram down in caso di non adesione dei Fisco
Con l'accordo di ristrutturazione del debito viene proposto ai creditori un piano di pagamento che, per essere omologato, deve raggiungere un consenso dei creditori che rappresentano almeno il 60% dell'ammontare dei crediti.
Vale il meccanismo del silenzio assenso e, quindi, il silenzio del creditore vale come manifestazione di assenso, circostanza evidentemente premiale per il debitore.
Prima della L. n.176/2020 capitava spesso che l’Amministrazione Finanziaria non votasse a favore dell'accordo o, addirittura, non votasse proprio, con conseguente impossibilità di addivenire all'omologazione dell'accordo.
Il costante ripetersi di questa prassi ha provocato l'intervento del legislatore che, col novellato art.12, comma 3 quater, L. n.3/2012, ha attribuito al Tribunale il potere di omologare l'accordo di composizione della crisi anche in caso di mancata adesione da parte dell'Amministrazione Finanziaria.
Devono però sussistere due condizioni:
a) la proposta avanzata al Fisco dal debitore deve presentarsi più conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria, nel senso che occorre dimostrare che la parte creditrice non potrebbero avere una soddisfazione maggiore in caso di procedura di liquidazione del patrimonio del debitore. Occorre pertanto esaminare la proposta che è stata fatta dal debitore all'Amministrazione Finanziaria e confrontarla con il concreto beneficio economico che deriverebbe a quest'ultima con il ricavato di un'eventuale liquidazione del patrimonio. Si può ritenere, ad esempio, che tutte le volte in cui la proposta di accordo sia assistita dalla cosiddetta finanza esterna, ovvero da contributi economici provenienti non dal patrimonio del debitore ma da soggetti terzi, sia ragionevole considerarla migliorativa rispetto all'alternativa liquidatoria;
b) la posizione dell’Amministrazione finanziaria deve porsi come decisiva per il raggiungimento del quorum creditorio e, quindi, della percentuale del 60%.
In presenza di entrambe queste condizioni il Tribunale si "sostituisce" all’Amministrazione Finanziaria ed omologa la proposta di accordo (si tratta, in buona sostanza, dell'applicazione del principio del Cram Down).
Sul significato del concetto di "mancata adesione" si è dibattuto se intenderlo in senso letterale, e quindi come inerzia/mancata espressione di voto, o come espressione di voto negativo e quindi di diniego. Uno dei primi tribunali a pronunciarsi sulla questione è stato il Trib. La Spezia che, con ordinanza del14.01.2021, ha sostenuto la tesi estensiva e ha omologato un accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento proposto da un professionista, nonostante il voto negativo espresso dal Fisco ed il conseguente mancato raggiungimento della maggioranza minima del 60% dei crediti ammessi.
Questa interpretazione estensiva, che mira evidentemente a favorire il raggiungimento di una soluzione favorevole al debitore, sta diventando prevalente nei tribunali, nonostante non manchino pronunce discordi (si segnala, in particolare, il Trib. Bari che, con decreto 18.01.2021, ha aderito all'interpretazione restrittiva secondo la quale la nuova norma si applicherebbe solo in caso di inerzia del Fisco e non in caso di voto contrario. Il caso considerato riguardava, in realtà, una procedura di concordato preventivo, ma si ritiene che la ratio sottesa alla pronuncia sia applicabile anche all'accordo di cui alla L. n. 3/2012).
2)L'esdebitazione del debitore incapiente
Un'altra misura notevolmente migliorativa introdotta dalla L. n. 176/2012 riguarda la possibilità di rendere inesigibili le obbligazioni concorsuali senza ricorrere alla liquidazione del patrimonio per il debitore che non possa offrire alcuna utilità ai creditori, nemmeno in prospettiva futura, senza ricorrere a finanziamenti e senza scendere al di sotto di una soglia minima di reddito pari all'assegno sociale aumentato della metà e moltiplicato per un parametro corrispondente al numero dei componenti del nucleo familiare della scala di equivalenza dell'lSEE.
Si tratta dell'esdebitazione del debitore incapiente (art 14 quaterdecies L. n. 3/2012).
Il tema di rendere inesigibili i crediti vantati nei confronti del debitore meritevole che non abbia alcuna possibilità e diventato estremamente attuale a causa dell'emergenza pandemica ed e stato affrontato dalla giurisprudenza già lo scorso anno e, quindi, prima dell'entrata in vigore della L. n. 176/2020.
In particolare, già nel2020, il Tribunale di Napoli aveva ammesso il debitore incapiente alla liquidazione ex L. n. 3/2012 sull'assunto che non risultava necessario determinare l'importo delle spese necessarie per il sostentamento del proponente e del suo nucleo familiare, atteso che egli risultava nullatenente e che tali spese apparivano garantite dal reddito da lavoro del coniuge.
Tale procedura si apre, però, solamente se il Giudice ritiene che il ricorrente sia meritevole, nel senso che non deve aver determinato il sovraindebitamento con dolo o colpa grave e non deve aver compiuto atti in frode che giustificherebbero invece l'apertura della liquidazione del patrimonio per l'esercizio dell'azione revocatoria. Concretamente, nella valutazione della meritevolezza del debitore non bisogna considerare alcun parametro economico; rileva invece la considerazione di fattori traumatici e/o congiunturali imprevedibili e non dipendenti dalla volontà del soggetto (quali, per esempio, la perdita dell'occupazione, la separazione coniugale, una grave malattia) che hanno fatto venir meno la fonte principale di reddito, determinando l'insorgere di passività impreviste(sovraindebitamento cosiddetto passivo). Ovviamente il beneficio non potrà essere concesso se il debitore ha fatto ricorso al credito al consumo in maniera smodata e per beni inutili o superflui.
L’accesso è consentito solo per una volta, fatto salvo l'obbligo di pagamento del debito entro 4 anni dal decreto del giudice, nel caso in cui sopravvengano utilità rilevanti che consentano il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore all'ammontare dei crediti pari al 10%.
La possibile sopravvenienza di una eredità non esclude il ricorso alla procedura, in quanto la "prospettiva futura" di cui alla norma deve riguardare un fatto già previsto (ad esempio la somma liquidata all'esito di una causa risarcitoria da intraprendere).
La previsione dell'esdebitazione per il debitore incapiente si configura quindi come un'eccezione al principio secondo cui il debitore risponde dei debiti con tutto il suo patrimonio (passato, presente e futuro).
Le misure che abbiamo esaminato si presentano vantaggiose non solo (evidentemente) per il debitore che può pagare quanto gli e possibile in relazione alla propria situazione reddituale, patrimoniale e familiare, ma anche per il "sistema" in quanto evita il ricorso a procedure di recupero di crediti che non potrebbero mai essere esitate favorevolmente e consentono di raggiungere un giusto equilibrio tra il diritto del debitore ad una vita dignitosa e quello dei creditori di ottenere almeno una parte del proprio credito.
Sono quindi estremamente convenienti ed è facile immaginare che troveranno larga applicazione in un periodo di crisi economica come quella in atto dal momento che consentono al debitore incolpevole di non essere rincorso per tutta la vita da agenzie di recupero crediti o finanziarie e tornare a vivere serenamente e dignitosamente.